Editoriali

Una testata… al cuore

L’indomani della seconda finale playoff persa in due stagioni è un amara ricerca di qualcosa da salvare tra le ceneri di un dolorosissimo rogo

Ph: Ilenia Calli

Il day after Palermo-Padova è uno scenario da malessere generale. Non di quelli che fanno seguito a una notte di divertimento, tutt’altro. È l’indomani di una disfatta annunciata, di una bastonata pesantissima, il tramonto di una stagione travagliata, per giunta a nemmeno un anno di distanza da un’altra finale persa. Quella di Alessandria, degli errori puerili a un metro dal portiere, del maledetto rigore calciato da Gasbarro sui cartelloni pubblicitari.

Dodici mesi fa, giorno più giorno meno, uscivo di casa al calar della sera dopo 120 minuti più calci di rigore di totale agonia. Un’agonia maturata al culmine di un anno calcistico a tratti esaltante, in cui la fiducia lasciò brutalmente il posto alla rabbia, quindi alla rassegnazione, quindi alla tristezza. Uscivo di casa, però, con il cuore possibilmente un po’ più forte. Con la consapevolezza che quella squadra, quel gruppo, avrebbe potuto vincere, prima o dopo.

Riavvolto il nastro, 12 mesi più tardi, il mio stato d’animo è diametralmente opposto. Da questa doppia finale con i rosanero non mi aspettavo nulla. La squadra, per quanto mi riguarda, era già cotta a puntino. Almeno dal fischio finale di Bolzano, dal ‘miracolo’ di Poluzzi a tempo quasi scaduto. Troppe le energie fisiche e mentali spese in un anno nato dalle scorie di un campionato perso, con un allenatore (facciamo due…) non all’altezza, confusione nelle scelte e nel tempismo delle stesse, a tutte le latitudini.

Non mi aspettavo certo di vincerli in carrozza, questi playoff. Stanchezza, limiti fisici e – soprattutto – caratteriali, il Padova li aveva dimostrati a più riprese anche contro Juventus Under 23 e Catanzaro.

La verità è che i biancoscudati si sono presentati al cospetto del lanciatissimo Palermo con le gomme a terra, con una moltitudine di infortuni spuntati qua e là lungo il percorso nel post-season, con la mentalità scarica di chi ha tribolato per oltre 9 mesi e con la prospettiva concreta (che si traduce in paura), ancora una volta, di non cavarne un ragno dal buco.

Mettiamoci poi prestazioni senza carattere, senza idee, senza cattiveria alcuna. Uno sfregio, di fronte alle migliaia di tifosi improvvisamente riavvicinatisi alla squadra. E – cosa ben peggiore – una mancanza di rispetto enorme verso quelle poche centinaia di fedeli che invece il biancoscudo l’han seguito in lungo e in largo pure in tempi di Covid e di capillare disaffezione.

Mettiamoci un “prego, accomodatevi” a Floriano e soci nella sfida d’andata, e un rigore gentilmente regalato al Palermo in quella di ritorno. Per un fallo di mano talmente idiota da ricordarmi un altro calciatore che vorrei ancora oggi definire con il medesimo aggettivo, mi fosse pubblicamente consentito. Quel fenomeno che qualche anno fa, con un gesto egualmente incomprensibile, risultò decisivo per retrocedere in C.

E poi c’è quella testata. Il vero colpo al cuore, la vera ‘coltellata’ a una tifoseria, città, provincia intera . Quella di un Capitano che di leader non ha nemmeno la parvenza. Un calciatore che ho amato, con un carattere particolare, un fuoriclasse sul campo, che “se solo avesse avuto una testa diversa, magari oggi non sarebbe in C…”.

E poco importa, a questo punto, la sconfitta già scritta da giorni e già narrata ad arte da chiunque. Perchè il Padova, quello che conosco, alla fine dei conti, non è nemmeno sceso in campo. Un gesto del genere, tradimento in piena regola, anche al netto delle tempestive scuse, sarà difficile da digerire.

Da dove ripartire? Sarò sincero: oggi, a nemmeno 24 ore dall’ennesima sofferenza, fatico a pensare a qualsiasi futuro a tinte biancoscudate. A caldo, però, la prima delle azioni per una eventuale (e non scontata) ricostruzione, dovrà essere l’epurazione di chi non ha reso come da attese, o peggio, ha mancato di rispetto. Tirando una riga sotto la voce “proprietà”, tuttavia, in quanto elemento imprescindibile al nostro ruolo di tifosi. A partire dalla testa di un pesce che mai come quest’oggi emana un nauseabondo odore di marcio, è obbligatorio fare pulizia, oggi più che mai.

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