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Mani di fata: diverbi, scontri, aggressioni sul ring biancoscudato

Calciatori contro tifosi, tifosi contro dirigenti, dirigenti contro giornalisti… Tutti contro tutti. A Padova, città dei “senza”, ci sono cose che invece abbondano e che si sono viste in ogni colore, specialmente negli ultimi 30 anni o più. Vedere un dirigente – apostrofato da un tifoso, si, a male parole – reagire con la forza (“schiaffi e pugni”, anzi no, “due manate”, fino al “non è successo niente, abbiamo fatto la pace!” con foto di abbracci e sorrisi, sigh) però ci mancava.

Capita con brutale puntualità, di assistere a scene un po’… così.

Tifosi contro giocatori? Paroloni e nervi tesi dopo un Padova-Fidelis Andria all’Appiani nel 1994, chissà se qualcuno se ne ricorda. Capitan Longhi fu, suo malgrado, protagonista della contestazione di alcuni in Curva Nord all’uscita dal campo dopo un 1-1 tutto ombre e poche luci in piena corsa per la A. Sette giorni più tardi, uno striscione – nella trasferta di Ravenna – ‘Nessun rancore, contestiamo per amore’ – giusto a far capire l’antifona. Eclatante fu anche quando accadde nel freddo dell’Euganeo a Gennaio 2009. Padova-Legnano è un deprimente 0-0, e un manipolo di ultras sceglie di chiedere udienza addirittura in spogliatoio. (Ironia della sorte, dopo aver toccato il fondo, il biancoscudo tornò in B al termine di una incredibile rincorsa primaverile.)

Giocatori contro tifosi? Qualche “birichinata”, nella storia più o meno recente, c’è stata anche tra i protagonisti in campo. Padova-Torres del 2003, ad esempio, più che per la partita in sè va ricordata per le gesta di Zanon (non Gastone, eh) – uno dei fedelissimi di Glerean della diaspora da Cittadella. Il difensore reagí con un gesto poco ortodosso alle lamentele della Tribuna Est dopo uno svarione (non il primo…), beccandosi un mare di insulti dai tifosi sugli spalti. Il buon Gildo Fattori trovò, con la consueta eleganza, il modo di calmare i bollenti spiriti. Parecchio simile fu anche la reazione di Trevor Trevisan durante un Padova-Portogruaro in B nel 2011. Fischi, critiche e qualche mugugno dalla tribuna, poi Trevor sigla il pareggio dando il “là” alla rimonta con esultanza in faccia ai propri tifosi e protocollo della censura attivato all’istante.

Tifosi contro la dirigenza? Eh beh, qui ce ne sarebbero da scriverci un libro. Tra le tante, un Viganò che alla chetichella torna in città nei primi mesi del 2000 e denuncia un po’ di tifosi per avergli ricordato di aver disatteso alla promessa di non presentarsi (mai) più in città dopo 4 anni di tragedie sportive. Oppure il prode Valentini (figlio) e la sfiga di fermarsi con il vice-allenatore Di Cicco al distributore sbagliato sulla via di ritorno da Bari nel 2014. E ancora, Diego Penocchio cacciato a male parole dalla tribuna dopo un umiliante 0-4 interno contro il Cittadella nello stesso campionato. Non si presenterà più allo stadio su consiglio della Digos…

Dirigenti contro giornalisti? Beh, anche qui ne avremmo da scrivere per ore… L’era Cestaro è stata particolarmente prolifica: tra urla, spintoni, mani al collo, un memorabile show in sala stampa con bestemmioni annessi e, soprattutto, una frase rimasta nella storia (“un goccio di bianco c’è?”), un Rino Foschi in modalità uragano che, preso dalla foga in un litigio con Stefano Edel, minaccia pure Sottovia (“stai zitto tu che ti spacco anche a te”) non ci siamo fatti mancare proprio nulla.

Dirigenti contro… tifosi. Questa figurina ci mancava, a dire il vero. Ci si era andati vicini nel 2012 sempre con Foschi, accusato di aver portato al Padova “solo giocatori indagati” che cerca a tutti i costi il contatto fisico, evitato solo dall’intervento del presidente Cestaro (“Lo ha preso per il collo e lo ha spostato di peso, sennò finiva male” narrano le cronache). Non bastassero i rapporti tra il calcio e la città di Padova ridotti ai minimi termini da tre stagioni di Covid, spese e delusioni, ecco un direttore sportivo (il cui cognome fa rima con… Spillo) prima silenzioso e operativo solo sotto traccia, poi sempre più arrogante, con lo sguardo di chi ne sa di più. Una squadra costruita in economia, qualche bidone, un paio di talenti cristallini. E i risultati che latitano. Via al valzer delle illazioni, allora, alle supposizioni e ai sospetti: nel silenzio più assoluto – e desolante – attorno al biancoscudo, anche un sussurro può provocare frastuono. Figuriamoci un “ma che squadra di 💩 hai fatto?!” dopo l’ennesimo mezzo passo falso interno. Ecco le famose manate allora, un altro spintone non tanto al malcapitato tifoso della tribuna, quanto al biancoscudo stesso.

Dimissioni? Licenziamento? Richieste plausibili, in un mondo normale. In un mondo del lavoro normale, perlomeno. E invece l’unico gesto di responsabilità assume le sembianze di poche righe di comunicato, asettiche e francamente imbarazzanti, in cui nemmeno compare la parola “scusa”.

Del resto, siamo al “Fight club Calcio Padova” e, testuale, “Prima regola del Fight Club: non si parla del Fight Club”. Alla prossima puntata, dunque.

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