Amarcord

Incubo Lecco… Quando il Padova sprofondò in C2

Il calcio è fatto di cicli? Sì, dicono, anche se a Padova, pare una maledizione, sono più quelli negativi che i positivi. In particolare indimenticabile (purtroppo) fu la storia del Padova di Viganò che, a cavallo fra la fine degli anni novanta e l’inizio dei duemila, ha conosciuto l’onta di una tripla e clamorosa retrocessione.

Il Padova che nell’estate del 1996 si riorganizza dopo la caduta in serie B e due anni gloriosi in A è una società in fase di ridimensionamento, con un pubblico malinconico ed uno stadio (il nuovo Euganeo, inaugurato proprio con la stagione del ritorno in massima serie) destinato a rimanere desolatamente mezzo vuoto quasi sempre e, nonostante investimenti e rose formate da nomi più che buoni, arrivano 2 campionati scadenti, il secondo addirittura culminato con la retrocessione in C1.

Ciò nonostante, però, il presidente brianzolo non ci sta a passare per il perdente di turno, per l’uomo che ha rovinato un giocattolo che all’inizio degli anni novanta era invidiato anche da qualche club di serie A. Il Padova è una delle grandi favorite per la promozione in serie B alla vigilia della stagione 1998-99 in cui i veneti sono inseriti nel girone A della C1 assieme ad altre nobili decadute come Como, Modena, Arezzo e Spal. In panchina viene richiamato Fedele, in squadra ci sono diversi reduci del vecchio Padova della serie A (Gabrieli, Rosa e Zattarin) oltre ad elementi esperti della categoria come Cornacchini e Ferrigno, oltre ai confermati Lantignotti, Saurini e Mazzeo. Ma il Padova comincia male il campionato, perde al debutto a Pistoia e non vince fino all’ottava giornata quando piega in casa il Siena regalando una delle poche gioie stagionali ad un pubblico sull’orlo dell’esasperazione; al termine del girone d’andata, dopo il 4-1 patito a Lecco, è ormai chiaro che ogni speranza di promozione sia già naufragata ed è anzi necessario iniziare a guardarsi indietro perché la zona playout non è poi così lontana. Il Padova ottiene due successi di rilievo, entrambi in trasferta, vincendo prima in casa del Brescello per 2-0 e poi a Saronno per 3-0, vittorie che tranquillizzano la squadra e forniscono una piccola tregua col pubblico che è sempre più inferocito e che esplode definitivamente dopo altre sconfitte e, soprattutto, l’assurda sconfitta a tavolino contro il Varese (sul campo si era vinto 2-0) per non aver sostituito un under 21 (in quel caso Simone Barone) con un pari età!

Gli spareggi salvezza sono un rischio ormai concreto e le vittorie finali contro Carrarese e Carpi (terz’ultima e penultima giornata) non servono ad evitare un epilogo clamoroso e neanche minimamente prevedibile ad inizio stagione. Nell’ultimo turno, i biancoscudati superano in casa il Lecco in un antipasto dei playout che giocheranno proprio contro i lombardi, formazione sulla carta assai meno forte dei veneti ma predisposta (mentalmente ed atleticamente) a giocarsi la salvezza agli spareggi sin dal principio, mentre per il Padova il rischio di affrontare le due partite con paura e terrore di un’altra caduta fragorosa è concreto e temuto da tutti.

Viganò chiede un armistizio alla gente, supplica i tifosi di rimandare le contestazioni a dopo i playout e di stringersi attorno ad una squadra impaurita, colpevole, certo, ma ancora con tutte le carte in regola per mettere una toppa ad un’altra annata storta. Del resto, la squadra di Fedele ha conquistato 40 punti ed è giunta 14.ma in campionato, mentre il Lecco è arrivato penultimo e di punti ne ha racimolati appena 27, ben 13 in meno dei rivali che avranno a disposizione anche la possibilità di salvarsi con due pareggi, vista la miglior pozione alla fine del torneo regolare. Nella gara di andata allo stadio Rigamonti-Ceppi di Lecco, la partita finisce 1-1 e, nonostante il rammarico per un vantaggio sprecato, il Padova può dirsi soddisfatto in vista del ritorno quando il Lecco sarà costretto ad espugnare l’Euganeo per centrare la salvezza. A fine partita il presidente Viganò è visibilmente soddisfatto e dichiara: “Ringrazio tutti i tifosi che sono venuti a Lecco oggi, hanno dimostrato che quando c’è bisogno, loro sono vicini alla squadra. Speriamo di chiudere al meglio la stagione domenica prossima e poter poi programmare il futuro per il meglio”. Parole ricche di fiducia e speranza, soprattutto perché il presidente appare fermamente intenzionato a tracciare una riga e ripartire da zero per progettare un ritorno in serie B dopo una stagione inaspettatamente tribolata ma che si può cancellare in fretta e magari riderci su un domani quando all’Euganeo torneranno tifosi entusiasti e soprattutto le grandi squadre della serie A a far visita ai biancoscudati. Forse è questo ciò che sognano anche gli appassionati della squadra, i fedelissimi di ritorno dalla trasferta di Lecco o quelli che si recano allo stadio domenica 6 giugno 1999 per la resa dei conti, per portare a casa una salvezza che ormai è l’unico obiettivo di una stagione tormentata.

E’ un pomeriggio caldo. Il Padova sembra accorto ad inizio partita, lascia l’iniziativa agli avversari e forse questo è un errore perché il Lecco in una mezz’ora si accorge della paura che serpeggia nello sguardo e nel tocco di palla dei calciatori veneti, nonché della stizza del pubblico che di quella stagione non ne può più e che non riesce ad avere pazienza neanche nel momento più delicato dell’anno. Al 41′, poco prima dell’intervallo, i lombardi colpiscono grazie ad una combinazione fra le due punte Zerbini e Bertolini che porta alla rete di quest’ultimo: Padova 0 Lecco 1 e sull’Euganeo cala il gelo nonostante l’afa estiva. Nella ripresa il Padova si getta in avanti, Fedele dalla panchina urla, si sbraccia, tenta di calmare i suoi giocatori, indica l’orologio come a dire “state tranquilli, c’è tempo e dobbiamo segnare solo un gol”. Ma il tempo passa inesorabile, il gol non arriva, il Padova è sempre più disperato e il Lecco acquisisce ogni minuto più fiducia; il triplice fischio dell’arbitro Saccani viene accolto dal tripudio dei pochi ma festanti tifosi lecchesi presenti in Veneto e dal silenzio surreale del resto del pubblico, sgomento, praticamente incredulo, incapace di accettare una retrocessione ancora più amara di quella precedente. Fuori dallo stadio un centinaio di persone si raccoglie inferocita, costringendo all’intervento le forze dell’ordine e lasciando per oltre due ore la squadra negli spogliatoi, col pullman già in procinto di partire. In sala stampa si presenta solo l’addetto stampa Fantino Cocco che, visibilmente imbarazzato, si scusa e afferma che nessuno della società parlerà, che il presidente Viganò è già andato a casa e che i calciatori sono affranti, addirittura sbaglia i conti e dice che la città si ritrova a fare i conti con la quarta retrocessione consecutiva: almeno in questo la realtà è più clemente, le retrocessioni sono “appena” tre in quattro anni.

Il Padova è in C2, è l’onta più grande della storia dei biancoscudati fino ad allora (Penocchio e la Serie D sarebbero arrivati anni più tardi…), i tifosi se la prendono con Viganò, in molti sostengono che sia il presidente peggiore dalla nascita del club e chiedono a gran voce la cessione della società, quella stessa società che ha rovinato e che fino al suo arrivo era un modello di riferimento.
Storico rimane lo sfogo di Gildo Fattori, figura storica biancoscudata, giornalista, tifoso nonché addetto stampa del Calcio Padova, che si lascia andare a qualche considerazione “fuori dai denti”, dettata dal cuore, accantonando la sua proverbiale professionalità e sapendo di rischiare magari il posto (essendo dipendente della società) su quel signore brianzolo, tal Viganò, che aveva fatto sprofondare così in basso la squadra biancoscudata…

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