Amarcord

“Mastro” Cerilli… Un amico vero

“Franco Cerilli, il fantasista, giunse a Padova nel 1981, nel Calcio Padova, dopo aver attraversato diverse esperienze calcistiche che, abbinate al suo talento, ne fecero un vero Campione. Personalmente era da un po’ che lo seguivo, ed esattamente dal 1974, per via anche del campanilismo, quando lessi nei giornali che un veneto, un chioggiotto per la precisione, era stato acquistato dall’Inter (proveniente dalla Massese), e in quegli anni era veramente un’Inter stratosferica, anche se cominciava la fase di declino, lenta ma inesorabile. Alla fine il giovane Cerilli venne considerato “non ancora pronto” per entrare in prima squadra e così cominciarono i prestiti a squadre di categoria inferiore: Lanerossi Vicenza, breve trasferimento a Monza per ritornare dopo pochi mesi a quel che poi diventò il Real Vicenza dove Cerilli abbracciò, con classe, talento e stile una squadra che arrivò seconda in classifica dietro la Juventus.

Ma il peregrinare di Cerilli continuò: Pescara ed, infine, l’approdo al vecchio e caro Appiani. Preciso che io non vidi nessuna partita all’Appiani perché, in quegli orari, il mio mestiere mi portava a preparare le pizze che avrebbero sfamato, più tardi, anche le orde dei ragazzi dello stadio ma, dalla mia, avevo la diretta radiofonica della partita con il grande Gildo Fattori, voce storica del calcio Padova. Gildo mi dava l’impronta di quanto accadesse in campo ma poi, finita la partita, erano i tifosi, i ragazzi provenienti dallo stadio, a darmi la propria versione, il proprio punto di vista. Alla sera, poi, guardavo la partita in differita su una televisione locale ma era come l’avessi già vista: vivevo in prima persona le sensazioni ed emozioni raccontatemi dai ragazzi a caldo e, dalle loro parole e dall’espressione degli occhi, potevo scorgere il vero amore per la squadra e per il nuovo arrivato, Franco Cerilli.

La sua prima stagione biancoscudata cominciò con mister Mammi, se ricordo bene, poi sostituito dal toscanaccio Mario Caciagli; notai e mi fecero notare i ragazzi come Cerilli crescesse, prendesse dimestichezza sempre più con i suoi compagni, come quel suo nascondere e far riapparire il pallone -il suo marchio di fabbrica- gli riuscisse con sempre maggiore frequenza… Sembrava quasi prendesse le misure ai suoi compagni per metterli poi a proprio agio con quei passaggi calibrati che solo lui sapeva fare… Un vero mister in campo, un direttore d’orchestra… Impossibile per i compagni non seguirlo.

Con Cerilli il Padova quell’anno passò dalla serie C2 alla C1 senza esitazioni ma il meglio era prossimo ad arrivare: la stagione 1982/83 con un nuovo allenatore, Giorgi. Una squadra fantastica, equilibrata nei suoi reparti, con acquisti importanti (su tutti l’instancabile Manzin) e con il mister a dare piena fiducia al fantasista: Cerilli era il faro di quella squadra, tutta la squadra ne era conscia… Prendeva le misure sull’avversario per poi colpire con azioni da vero manuale calcistico, dei suoi compagni conosceva tutto e sapeva benissimo come evidenziarne i pregi e capitalizzare le loro caratteristiche… Calzettoni rigorosamente abbassati, sguardo alto, scatto felino, dribbling da favola, passaggi millimetrici e precisi… Un faro in campo. Ciò che stupì ulteriormente, poi, furono la naturalezza con cui esercitasse il suo talento, unita alla semplicità e quella dose di anti-divismo che lo portarono ad essere tanto amato e rispettato.

Quel Padova, il 5 giugno 1983, in un caldo asfissiante, raggiunse la serie B. Ho ancora nitido il ricordo della voce strozzata di Gildo Fattori, dei ragazzi da me ad ascoltare la partita festanti, gli abbracci, mio padre con una bottiglia di prosecco esclamante “Varda ti se gaveva da vegnere un ciosotto pa far vinsere el Padova”.

La stagione seguente, 1983/84, fu un susseguirsi di cambi di allenatore: cominciò Sereni, poi Agroppi, infine Rambone… In questo baillame la squadra si perse, nonostante Cerilli, e anche lui, per ultimo, finì inghiottito dai continui stravolgimenti tattici. Si ruppe il rapporto con Rambone che voleva ingabbiare la fantasia in movimenti predeterminati (un po’ come levare un’ala ad un gabbiano), ad ogni modo impegno e professionalità permisero di raggiungere parecchi risultati positivi ed arrivare, comunque, nella parte alta della classifica.

Le premesse portarono ad un’addio di Cerilli che, se non sbaglio, ritornò a Vicenza. L’ufficialità della separazione provocò uno sconforto generale, non passeggero, ma un malessere che prende anima e il cuore, quello sconforto che solo l’addio di un amico sa provocare.
La stima rimase immutata tanto che, nonostante militasse in una squadra “antagonista”, continuò ad essere seguito con affetto. Poi, un paio d’anni dopo, il momento buio, il talento inghiottito in un vortice nero, racchiuso in sé stesso e quelle scarpe, che lo avevano reso famoso, appese al muro.

Da Padova sono passati diversi campioni e tra questi Albertini e il mio capitano Longhi, solo per citarne alcuni, tutti amati e venerati ma non tanto quanto Franco Cerilli. So che lui, tutt’oggi, ne rimane stupito. Ciò che ignora è che, in anni difficili, è stato emblema di una generazione, simbolo di speranza e certezza insieme e, nella meravigliosa semplicità come quella che solo il calcio sa offrire, un esempio da seguire per tutti, uno da ricordi vividi e vibranti, insomma… Un amico vero.”

Fabio Longato

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